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Nel corso del 2017 abbiamo avuto la possibilità, grazie al nostro consigliere Massimo Gherardi e alla collaborazione con Barbara Milani del team In2theWhite, di lavorare sullo studio del funzionamento e sulla messa a punto delle sospensioni utilizzate a bordo dei monosci da gara da parte di atleti paralimpici che competono a livello mondiale.
Pubblichiamo quindi di seguito un resoconto di quanto finora emerso.
Il progetto è stato possibile grazie al sostegno di:
"Il parallelismo tra il telaio di una bici Enduro / Downhill e quello di un Monoski mi pare evidente. Ad un leveraggio del telaio del tutto simile, gestito da ammortizzatori ad aria o a molla, si associa in questo caso all’anteriore il lavoro della spatola dello sci e al posteriore quello della coda che mi immagino un po’ come le ruote anteriore e posteriore della bici, dotate anch’esse, come gli sci, di notevole elasticità. Al lavoro svolto dalle lamine dello sci associo invece quello dei copertoni in gomma, attraverso i quali si crea il vincolo che consente al sistema bici - pilota di aderire alla superficie del terreno, inclinarsi e dunque curvare.
Naturalmente ciò che deve essere massimizzato è il livello di aderenza al terreno di lamine e copertoni rispettivamente. Quando per qualsiasi ragione l’aderenza decade in fase di curva, il risultato non può che essere per lo sci e per la bici una derapata, una sbandata, dunque una perdita di velocità e al limite di controllo dell’attrezzo.
In un sistema biomeccanico complesso come l’insieme di un uomo, di un leggero telaio dotato di sospensione e di elementi di interfaccia con la superficie di scorrimento o di rotolamento, gran parte dell’aderenza al terreno è garantita dai “componenti” più evidentemente ammortizzanti: braccia e spalle del pilota in entrambi i casi, gambe del pilota nel caso di biker normodotati, ammortizzatore del telaio in entrambi i casi, sci o ruote complete in entrambi i casi.
Un monoskier, rispetto ad un biker normodotato, manca del supporto ammortizzante fornito dai potenti muscoli delle gambe e dunque è costretto a bilanciare questo handicap con ammortizzatori al telaio più strutturati e spesso di elevata o elevatissima qualità, molto simili a quelli adottati nel settore moto. Essi sono dotati di molle ad aria, in acciaio o in titanio e di sofisticati circuiti idraulici in grado di gestire tra l’altro lo smorzamento delle sollecitazioni in compressione e in ritorno, alle alte e alle basse velocità (velocità rilevate sull’asse dell’ammortizzatore e non relative alla progressione del mezzo). Le relative, molteplici regolazioni risultano fondamentali e assieme alla scelta di una molla adeguata garantiscono il raggiungimento dei massimi livelli di aderenza del mezzo.
Nel gennaio 2017 ho assistito ad alcune gare dei mondiali paralimpici di Tarvisio, in particolare a quella di Supergigante. Ricordo di aver visto due atleti azzurri finire fuoripista dopo aver subito, nello stesso punto del tracciato, una serie di grossi contraccolpi che sia loro che i loro mezzi non hanno saputo evidentemente controllare. Altri concorrenti non hanno avuto il medesimo problema e ciò mi ha fatto pensare che ai mezzi a disposizione di questi ultimi fossero state dedicate maggiori attenzioni nella fase di messa a punto. La mia esperienza nel mondo degli ammortizzatori da bici mi suggerisce che ad oggi sono rari i casi di biker amatoriali di buon livello che trascurano il setup dei propri ammortizzatori, i quali oltre che scelti oculatamente vengono frequentemente regolati in relazione alle tipologie dei tracciati e più in generale alle condizioni “ambientali” da fronteggiare. Per non parlare dei campi di gara, sui quali si vedono tecnici ed al contempo atleti costantemente impegnati nelle regolazioni del caso. Una soddisfacente regolazione “strandard” dell’ammortizzatore non esiste in realtà ed è perfettamente inutile accontentarsi di quanto predisposto da altri se l’obiettivo è quello di sciare nel migliore dei modi o addirittura competere con i più forti atleti del mondo, seguiti da tecnici del settore che da anni lavorano per ottimizzare il sistema uomo-monoski.
Obiettivo di questa ricerca è quello di mettere a punto monoski di atleti Sitting di alto livello che si cimentano in gare nazionali ed internazionali. L’augurio è quello di accumulare esperienze sui campi di allenamento e di gara e colmare in tempi ragionevoli almeno parte del gap che divide in questo senso i nostri atleti dalle migliori soluzioni viste in circolazione.
Il metodo da seguire non potrà che essere quello scientifico sperimentale che consiste nell’osservare, sperimentare e confutare o meno le ipotesi formulate. Nel far ciò si potrà anche sbagliare ed anzi sarà normale farlo. Gli errori però consentiranno di individuare di volta in volta la strada giusta da seguire.
Il lavoro che si sta svolgendo consentirà agli sciatori impegnati nel progetto di praticare questo affascinante sport con accresciuta consapevolezza, soddisfazione e sicurezza. Lo sciatore Sitting avrà la possibilità di percepire con più chiarezza il potenziale del mezzo che sta adoperando e potrà in prima persona, cosi come avviene per i piloti di bici e moto, concorrere alla messa a punto del monoski rispondendo in tempi rapidi alle sollecitazioni che gli provengono dalla pista o dai tracciati di gara."